Paolo Vitali & Sonja Brambati
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South East Asia
Myanmar bike 2002
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South Myanmar by bike 2015
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Una vera doccia fredda per la nostra ignoranza occidentale!
Ancora una volta ci rendiamo conto di quanto i massmedia ignorino volontariamente certe situazioni “scomode”!
Non vogliamo in questa sede narrare la “favola birmana”, ma qualche annotazione è d’obbligo per schiarirsi le idee! Dopo un travagliato passato di regni tribali precedenti la prima guera mondiale, e l’annessione inglese nell’impero indiano, la Birmania ottiene l’indipendenza come stato del Myanmar nel 1947, ma a nulla valsero gli sforzi  di Bogyoke Aung San per istituire uno stato democratico. In breve il Myanmar cadde sotto la dittatura del generale Ne Win e del governo militare dello SLORC (State Law and Order Restoration Council). Aung San Suu Kyi, in seguito premio Nobel per la pace, figlia del leggendario eroe nazionale Bogyoke Aung San, tentò l’opposizione fondando l’unico partito democratico del paese: l’ NLD (National Legue for Democracy), e arrivò finalmente alle prime libere elezioni del paese nel 1990. Nonstante le palesi manipolazioni elettorali dei militari l’NLD vinse le elezioni ottenendo 392 dei 485 seggi, ma lo SLORC impedì di fatto ai membri del parlamento di assumere il potere, e dopo un’incursione nella sede dell’NLD arrestò tutti i suoi membri, che furono imprigionati, mandati in esilio o uccisi; Aung San Suu Kyi fu posta agli arresti  domiciliari per sei anni. La stampa mondiale riservò uno spazio incredibilmente limitato alla situazione politica del Myanmar,  e di fatto il regime totalitario dello SLORC, che nel frattempo cambiò nome di facciata in SPDC (State Peace and Development Council), guidato da 4 generali e 19 membri militari del consiglio, tiene tutt’ora il paese in una morsa d’acciaio edi isolamento rispetto al resto del mondo, in totale violazione dei più elementari diritti umani e libertà di espressione. Oggi ciò che rimane dell’NLD ha perso ogni forza sotto la pressione militare e l’SPDC (o meglio SLORC) continua la sua politica verso il “socialismo”. Tutte le attività remunerative sono sotto il controllo statale, solo le più spicce attività commerciali sono state liberalizzate. Alla popolazione del Myanmar è assolutamente vietato parlare di politica e del governo, tantomeno con gli stranieri; qualsiasi assembramento o manifestazione è tassativamente negato,  e l’accesso agli stranieri è molto limitato e controllato. Per chi voglia fare del turismo in Myanmar è quasi d’obbligo affidarsi ad agenzie statali, che con prezzi assolutamente esosi non fanno che finanziare il regime miliare. Solo negli ultimi anni è possibile accedere al paese in modo “indipendente” con un visto FIT (Foreign Indipendent Traveller), ma per poche settimane e con un visto di circa 30 US$ procapite e l’obbligo di cambiare almeno 100 US$ in FEC (Foreign Exchange Certificate), spendibili naturalmente solo negli albergi statali convenzionati e nelle agenzie viaggio! Da Mae Sai si può attraversare il confine al paese di Tachileik, ma da qui l’unica località raggiungibile su una dissestata sterrata di circa 120 km per un tempo di percorrenza di circa 10 ore è la città di Kengtung, roccaforte del governo militare nella regione ribelle del nord-est dello Shan. Ogni altro spostamento è tassativamente vietato! Queste condizioni, 130 US$ a testa da versare al governo militare per pochi giorni andata e ritorno a Kengtung, e infiniti controlli militari strada facendo, ci sono sembrati un compromesso troppo elevato da poter sopportare! Meglio allora la sola visita quotidiana al paese di Tachileik per la modesta cifra di 5 US$, spendendo qualche Baht thailandese al mercato, sicuri che finiscano in mano a commercianti indipendenti!
Appena attraversato il confine è subito evidente di trovarsi in un “altro mondo”. E si è solo nel centro commerciale e “ricco” della città di confine. Allontanandosi a piedi oltre le classiche mete turistiche sulle incredibilmente dissestate strade sterrate (…. siamo nella stagione secca!) che dipartono dal paese ci si rende conto della realtà! Ma con il permesso “giornaliero” non ci si può allontanare oltre 5 km dal confine, su tutte e tre le strade che si dirigono rispettivamente a ovest nord ed est si incontrano subito i check-post della polizia che tassativamente non si possono superare! Non rimane che fare dietro-front e scattare qualche foto prima di riattraversare il confine “entro le 17”, orario in cui tassativamente chiude la frontiera, per tornare nella amichevole Thailandia!
Peccato! Perché la gente ci è sembrata tanto cordiale ed affabile quanto quella thailandese, e sinceramente una visita più “libera” al Myanmar sono sicuro possa regalare grandi emozioni. Una nota sulla moneta del Myanmar: vicino al confine e nelle città più turistiche sono sempre ben accette le valute pregiate quali US$ e Thai Baht, anzi sono bramosamente ricercati; il Kyat del Myanmar è soggetto ad una svalutazione pazzesca! Non cambiate mai al cambio ufficiale statale, paradossalmente inferiore a quello reale! Senza alcun sforzo di contrattazione abbiamo ricevuto circa 20 Kyat per un solo Baht Thailandese, cioè circa 1000 Kyat per 1 US$. La cartamoneta del Myanmar varia dal singolo Kyat alla rara banconota da 1000 Kyat, l’equivalente di circa 1€! E questo rende l’idea del costo reale della vita nel paese!

Rientrati a MaeSai il nostro viaggio riprende nelle province Thailandesi di Chang Rai e Chang Mai, rinomate soprattutto per gli insoliti trekking nella giungla; per poi dirigerci di nuovo al sud, nella penisola di Phra Nang, ricca di falesie e mare.


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