Paolo Vitali & Sonja Brambati
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Le isole del Parco di Kota Kinabalu
Backpacking
BORNEO
Ottobre 2005
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Trekking nella foresta pluviale

Come tante altre persone che amano viaggiare abbiamo il desiderio di vedere ogni qual volta se ne presenti l’occasione posti, popolazioni e culture diverse. Così in occasione delle meritate ferie abbiamo puntato su uno dei paesi del Sud Est Asiatico che ancora ci mancava: la Malesia e più precisamente il Borneo
Martedì 11 ottobre 2005. Partiamo per le nostre vacanze rigorosamente fai da te. Unica e inseparabile compagna la guida “Lonely Planet”. Il volo verso la nostra meta è decisamente lungo. Bisogna raggiungere Roma o un’altra capitale europea, dove partono voli giornalieri della Malaysia Airlines destinazione Kuala Lumpur con coincidenze per Kuching e altre numerose località malesi.
KuchingIn tarda mattinata del giorno successivo siamo finalmente a Kuching, capitale del Sarawak, che ci riserva una piacevolissima sorpresa: è tranquilla, molto pulita e cosa assai rara nel Sud-Est asiatico silenziosa. Nessuno che si accanisce contro il clacson, né tantomeno ti aggredisce per proporti tour o prodotti di artigianato, le strade sono decisamente linde, bei parchi e nonostante il tenore di vita non sia certo paragonabile al nostro, si respira un’aria decisamente piacevole. Vi è poi un ottimo rapporto qualità-prezzo. Puoi scendere in alberghi decisamente di qualità spendendo poco (circa 30 euro per due persone) e cenare a base di pesce con 17 euro sempre in due. Di sera poi la città è decisamente amena! Dopo una mega-dormita e colazione puntiamo alla penisola di Traghetti a KuchingSantubong che dista circa 30 km. da Kuching, raggiungibile con bus di linea in ca.45 minuti o con minibus privati in partenza dall’Holiday Inn che offre  servizio non solo ai propri clienti. La penisola ospita il Sarawak Cultural Village, un fotogenico parco a tema dedicato alle tribù del Sarawak, dove ogni anno si svolge il “Rainforest World Music Festival. Sorge intorno ad un lago artificiale ai piedi del Gunung Santubong ed è un eccellente museo vivente, con esempi di abitazioni tradizionali costruite da differenti tribù del Sarawak oltre a case malesi e cinesi. In tutto ci sono sei abitazioni più un rifugio occupato saltuariamente da nomadi penan.
Gli alloggi sono abitati da membri delle varie tribù, che danno dimostrazione dei mestieri ed arti tradizionali. Nonostante sia concepito appositamente per i turisti, è comunque fatto con gusto e le intenzioni sono buone. Vi è inoltre la possibilità di effettuare dei trekking nella giungla oltre tentare la salita del Gunung Santubong (810 m). Terminata la visita al villaggio trascorriamo piacevolmente un paio di ore a Damai Beach, una bella spiaggia affacciata sul mar cinese meridionale, situata poco distante, all’interno dell’Holiday Inn Resort.  Nota positiva: anche se non sei cliente del Resort hai tranqillamente accesso alla spiaggia, nonché piscina e attività varie.
Siluri su Batang RejangIl giorno successivo lasciamo Kuching, la nostra intenzione è risalire il corso del fiume Batang Rejang fino al confine con il Brunei. Un taxi ci porta al porto (parola grossa!) dove salpano li imbarcazioni espresso per Sibu. Questi siluri, che assomigliano molto a delle mega-suposte sono uno dei principali mezzi di comunicazione all’interno del Sarawak. Sono decisamente veloci rispetto allo standard locale e anche efficienti. In tre ore si raggiunge Sibu, una brutta cittadina fluviale, principale centro per il commercio fra la costa ed il vasto entroterra. Qui a circa 60 km dal mare convogliano le materie prime provenienti dall’entroterra (tronchi, ghiaia, minerali e prodotti agricoli) destinate all’esportazione. Ci rendiamo conto subito che questa città non offre granché, ma poiché nessun battello salpa alla volta della nostra prossima destinazione, facciamo i signori e ci concediamo una camera al Kingwood Hotel, che oltre alle lussuose camere dispone di una bella piscina sul tetto. Il tutto per 40 euro compresa la colazione (2 persone).
Vita nella longhouse15 ottobre. Stesso tipo di battello direzione Kapit. Tempo di viaggio 3 ore. Tranquillissima cittadina sulle sponde del Rejang. Se non fosse per il fatto che da qui per continuare a risalire il corso del fiume è necessario un permesso non penseremmo di fermarci, ma è sabato e fino a lunedì mattina gli uffici statali sono chiusi. Una giuda locale ci propone per la giornata di domenica un breve giro nella giungla e una visita ad un longhouse per una cifra esorbitante (paragonata al loro tenore di vita). Il primo approccio con la foresta pluviale è decisamente soft, niente sanguisughe, né tantomeno serpenti. Al contrario la longhouse (gigantesca struttura in legno su palafitte in cui l’intera popolazione vive sotto lo stesso tetto, in camere separate ma affacciate su una lunga veranda comune) è decisamente una delusione.  Questa longhouse ci appare proprio come un grande controsenso: mantenimento delle tradizioni e cultura  insieme al degrado e spreco tipici della civiltà consumistica. Sul tetto di queste belle arcaiche costruzioni, dove nella veranda comune troneggiano i se pur Pelagus Rapidsmacabri trofei dei tagliatori di teste, fanno bella mostra di se antenne televisive nonché parabole, mentre alla base delle palafitte un’enorme discarica di rifiuti di ogni genere regna sovrana.  Confidiamo di vedere qualcosa di meglio. Finalmente è lunedì. Facciamo di corsa il permesso e via sulla suposta-express alla volta di Belaga. Fortunatamente durante questo viaggio possiamo stare sul tetto (pioggia permettendo) e godere il paesaggio. Il viaggio dura all’incirca 5 ore, non sempre percorribile durante la stagione secca, a causa di un impegnativo tratto con rapide (Pelagus Rapids). Belaga è un piccolo centro amministrativo con un micro-bazar situato lungo il tratto superiore del Rejang, nel tratto in cui il fiume si dirama formando il Belaga ed il Balui. E’ un piccolo paesino che gravita intorno a due vie principali ed alle scuole frequentate dai bambini di tutto il distretto amministrativo, longhouse comprese. Tramite l’opulento boss del paese ingaggiamo la Nella foresta pluviale a Belagagiuda per un trekking nella giungla. Una puntualizzazione: a Belaga vedono pochissimi turisti, siamo un piacevole diversivo. Facciamo fatica a trovare un ristorante per la cena. Tutto a favore della linea. E arriva finalmente il tanto sospirato giro nella foresta pluviale! Ho dormito male al pensiero delle sanguisughe, ma forse non ci saranno. Interrogo subito la nostra giuda che mi assicura tranquillamente che le bestioline pullulano. Ce ne sono due tipi: le sanguisughe tigre (peggiori) e quelle nere più discrete. E’ stato il trekking più stressante che abbia mai fatto. Paolo assapora tutto il fascino della foresta pluviale e si sbizzarrisce a fare foto, io sono impegnata a camminare saltellando nella speranza di evitare che le “ragazze” si attacchino alle scarpe e gambe per una lauta colazione. Tutto inutile. Ad ogni mio urlo la giuda ride e Paolo si arrabbia. Affari loro. Io penso per me. Dopo qualche ora mi rilasso un poco, ma non mollo la guardia. Effettivamente sono meno peggio delle zanzare, ma fanno più effetto. Basta poi solo masticare un po’ di tabacco e posizionarlo sopra le sanguisughe, che queste intontite si staccano. Non mi da neanche fastidio il caldo umido davvero opprimente, ho Anziana donna nella longhousealtri problemi. Mi stavo dimenticando: Paolo ha avuto un incontro ravvicinato con un serpente velenoso, ma per salvare il matrimonio ha fatto finta di niente. Forse mi ama ancora! Finalmente usciamo dalla foresta e raggiungiamo una longhouse. Decisamente tutta un’altra realtà rispetto a quella vita pochi giorni prima. E’ pulita, ordinata, le donne ed i bambini sono cordiali e dignitosi. Le donne hanno le braccia e le gambe completamente coperte da tatuaggi e si lasciano fotografare di buon grado. Ci sono pochi uomini, la maggior parte è al lavoro nei campi o lungo il fiume. Un vecchio pescatore ci invita comunque a casa sua. Decisamente una bella esperienza. Non sono abituati a vedere molti turisti e ciò gioca a loro favore. Ci offre una grappa fatta con il riso non proprio buonissima ma decisamente forte. Terminata la visita ritorniamo via fiume a Belaga, con sosta e relativo bagno presso una bella cascata. Così faccio anche il bucato. La nostra guida ci invita a cena a casa sua, Ospiti nella casa del tagliatore di rattandecisamente un bel finale di giornata. Abita con la moglie filippina e due bimbi in una piccola, pulita casa-palafitta senza corrente elettrica e acqua ai margini del centro paese. Sembra impossibile che nel 2006 esistano ancora certe realtà, loro non ne fanno un dramma anche se conoscono e hanno vissuto meglio. Raccontano che abitavano a Singapore con un tenore di vita decisamente superiore, ma la loro terra è a Belaga e vivere da poveri in Borneo da loro la possibilità di permettere un’istruzione ai propri figli in quanto garantita dallo stato, cosa non possibile altrove. La cena è buona: tapioca, felci della giungla, funghi raccolti nella giungla, cinghiale e pesce gatto pescato dalla finestra di casa. Tutto in un’atmosfera serena e rigorosamente a lume di candela. Indimenticabile.
Pista nella foresta da Belaga a BintuluDa Belaga ora puntiamo a Bintulu, questa volta via terra. Quattro ore di pick-up su una pista sterrata, che, dopo aver costeggiato alcune piccole aziende agricole, sale e scende fra le vaste aree sottratte alla foresta dall’industria del legname. La popolazione crede, secondo le dichiarazioni ufficiali, che il disboscamento indiscriminato giochi a loro favore, agevolando così la coltivazione di riso, pepe e colture varie. Bintulu situata alla foce del Batang Kemena è un centro di servizi per gli impianti petroliferi e di metano al largo della costa e per i campi di taglialegna lungo il fiume. Turisticamente offre decisamente poco o nulla. E’ un punto d’appoggio per visitare il Similajau National Park situato a 45 minuti di Taxi dalla città. Anche qui come a Sibu meglio, budget permettendo, optare per un albergo di medio-alto livello, possibilmente con piscina . Aiuta piacevolmente a trascorrere le ore più calde della giornata. 30 Euro a coppia con colazione a buffet e piscina credo non siano inaccessibili. 
Similajau National Park20 ottobre. Oggi Similajau National Park. 45 minuti di taxi (importante concordare il ritorno onde evitare di pernottare nel parco). Non so se è perché siamo fuori stagione, ma non troviamo anima viva, né alla reception né tantomeno lungo il trek. In teoria bisognerebbe registrarsi, ma non c’è nessuno! Puntiamo alla Turtle beach, un percorso di 14 km. AR. Turtle Beach una bella spiaggia dorata rigorosamente deserta. Siamo fortunati, sul nostro percorso troviamo un altro serpentello, Bellissimo! Meglio le due aquile e gli altrettanti varani nonché numerose scimmie sulla via del ritorno. Relax in piscina e cena in un rinomato ristorante locale. Se volete sapere l’indirizzo chiamateci!
E un altro giorno è andato, ora ci spostiamo alla volta di Batu Niah e le famose grotte del Niah Caves National Park. E’ possibile raggiungere Batu Niah via mezzi pubblici o taxi. Facendo due conti meglio il taxi. Batu Niah CavesDepositato i bagagli nell’unico Hotel degno di questo nome del paese ci muoviamo alla volta delle famose grotte. Si tratta di un piccolo parco nazionale (32kmq) situato nei pressi della costa fra Miri e Bintulu. Per raggiungere le grotte bisogna in primo luogo attraversare in barca il Sungai Niah. Una volta attraversato il fiume seguiamo la passerella sopraelevata lunga 3 km che conduce alle grotte. Quando piove, ed è il nostro caso, queste passerelle sono decisamente scivolose! Piacevole sorpresa: finalmente dei turisti e per di più occidentali! La visita alle grotte vale decisamente la pena di una scivolata, al di là dell’odore di guano dei rondoni. E’ impressionante la quantità di rondini, il  loro frastuono nonché odore! Allo stesso modo fanno specie le pertiche e la quantità di uomini appollaiati su di esse per asportare i nidi di rondine. Ancora di più stupiscono i loro prezzi sul mercato giapponese. Nessuno a parte noi pernotta  a Batu Niah, come a Belaga manteniamo la linea. Cena alle 18.00 e poi a nanna. Meno male che non ho portano vestiti ma libri! La maggior parte dei turisti non si ferma in questo paesino, ma arriva dalla cittadina di Miri, nostra prossima meta.
Le spiagge di MiriIl giorno successivo raggiungiamo Miri,  punto di partenza per il Gulung Mulu National Park. Non avendo molto tempo a disposizione e dopo uno consulto di famiglia decidiamo di tralasciare il parco a favore delle isole coralline! Miri è un’amena città, stile Kuching. Dopo un all’apparenza tranquillo pomeriggio nella deliziosa  spiaggia Hawaii Beach dilaniati da micro-moscerini partiamo il mattino successivo alla volta del Sabah via Brunei. Qualche anno fa in Laos facemmo conoscenza con una coppia australiana giramondo e parlando dei nostri vari viaggi ci allettarono circa il sultanato del Brunei “Forget Brunei” questo il commento. Quanta saggezza! Attraversare questo allucinante sultanato è stata una conferma  di quanto dettoci. Al di là del viaggio “naïf” per attraversare il paese, il resto è forget! Solo due foto di rito per documentare la nostra presenza nel paese e poi via solita supposta galleggiante in direzione dell’isola di Labuan nella speranza di trovare Kabir Bedi. Tramonto all'isola di LabuanNon l’ho trovato, ma avevo mio marito e l’isola è decisamente bella!. Abbiamo fatto una “sola” notte da favola presso un Resort di tutto e di più su questa bella isola per poi puntare sempre via supposta a Kota Kinabalu. Appunto a fine ottobre siamo gli unici ospiti del mega-resort. Abbiamo avuto la possibilità di fare una sosta al famoso War Cementery. Non  abbiamo certamente vissuto tutto ciò, se non tramite i nostri nonni o genitori, ma fa tristezza leggere sulle varie lapidi l’epigrafe ”unknown”. E pensare che è l’isola dell’amore!  Ancora traghetto, finalmente l’ultimo, alla volta di Kota Kinabalu.
Kota Kinabalu, capitale del Sabah, si affaccia sul Mar Cinese Meridionale di fronte ad un gruppetto d’isole orlate di coralli che formano il Tunku Abdul Rahman National Park. KK, così è chiamata non è una brutta città anche se un po’ anonima ed è un buon punto d’appoggio per fare snorkelling nelle isole vicine. Vi sono numerosi alberghi sia di lusso sia economici, mancano forse alcuni ristoranti dove mangiare discretamente. Sarà forse che cominciamo a stancarci di riso, tagliolini e verdure varie. Una curiosità: nelle hall dei vari alberghi vi è sempre esposto un cartello che vieta l’introduzione in camera del durian, un frutto tipico locale dall’odore particolarmente sgradevole. Non abbiamo avuto il coraggio di acquistarlo! Nonostante il periodo da noi scelto non è quello ideale, perché stagione monsonica, riusciamo a trascorrere delle piacevoli giornate sulle splendide isole situate immediatamente ad ovest della costa di KK: Pesci dal molo delle isole di KKPulau Sapi, Pulau Manukan Pulau Gaja. Qui iniziamo a vedere dei turisti, occidentali ben pochi però. Il Borneo come la Malesia è meta ambita e facilmente raggiungibile del turismo giapponese, cinese, coreano. All’estero è abbastanza opinione comune vedere noi italiani come dei pecoroni, che si muovono rigorosamente e rumorosamente in gruppo, con giuda al seguito, ma vi assicuro che i turisti asiatici sono certamente peggio e hanno anche purtroppo poco rispetto per l’ambiente. E’ difficile dire quale di queste isole sia la più bella. A nostro avviso Pulau Manukan è notevole. E’ la principale meta dei residenti di KK ed è ben attrezzata per accogliere turisti. Offre una bella spiaggia, banchi corallini ed un sentiero per passeggiate, che si snoda intorno al perimetro dell’isola. La varietà dei pesci tropicali è abbastanza ampia e molti si possono vedere semplicemente sporgendosi dal molo. Se si vuole pernottare nel lussuoso Resort dell’isola è necessario prenotare per tempo. Purtroppo per noi non è stato possibile. Non ci va poi tanto male, il giorno dopo riusciamo a trovare una camera nel favoloso Resort dell’isola Pulau Gaja. Neanche in occasione della nostra Honey Moon ho pernottato in un luogo così spettacolare: un complesso di lusso composto di bougalow con il tetto di paglia posti su palafitte. Unico neo la meteo sicuramente avversa. Riusciamo lo stesso a fare un po’ di snorkelling tra un acquazzone e l’altro, e poi anche la pioggia ha il suo fascino… Ora siamo quasi alla fine delle ferie. Con un volo precedentemente prenotato ritorniamo a Kuching, che ci sembra di conoscere come fosse casa. Pernottare in un hotel che già conosci in una città in cui sei stato anche se per poco tempo ti dà un senso di sicurezza. Una breve visita ai Kampung (villaggi) di là dal fiume e poi un poco di shopping a caccia di regali per amici e parenti. Kuching è il centro manifatturiero del Borneo e in città ci sono decine di negozi che vendono oggetti d’arte e artigianato nonché il famoso pepe del Borneo. In qualsiasi negozio entriamo nessuno ci assale, possiamo curiosare indisturbati e uscire tranquillamente senza acquisti. Straordinario, non c’è mai capitato! 
Domenica 30 ottobre. Giro mattutino al ricco e folcloristico Sunday Market. Piante carnivori nel Bako National ParkDalle cinque del mattino sono venduti ogni genere di prodotto alimentare e no. L’aria è pregna del profumo delle varie spezie, erbe aromatiche, frutti per la maggior parte a noi sconosciuti, ma sicuramente deliziosi nonché orchidee a profusione. Una parte del mercato è occupata dai venditori di pesce fresco ed altri prodotti del mare. Paolo che adora i gamberoni e non solo non sa più dove guardare e fotografare. Per terminare in bellezza il nostro trip facciamo una puntata al Bako National Park, situato 37 km a nord di Kuching. E’ una zona di gran bellezza, con coste orlate da mangrovie e promontori rocciosi orlati di splendide spiagge. Il Bako ha una rete di sentieri ben marcati che si estende per oltre 30 km. Basta fare due conti: allenamento più tempo a disposizione e scegliere il sentiero. Non ho mai pensato di essere una donna fortunata, ma mi devo ricredere. Ho, oltre alle sanguisughe, un’avversione patologica per tutto ciò che striscia e immancabilmente l’essere compare: un bel serpentello alla volta della spiaggia nostra meta. Fortunatamente Paolo non ha una videocamera, che non rientra nei regali e budget dei prossimi anni! E’ lunedì e si torna a casa dai miei topini! Ho abbandonato per ben tre settimane la mia cucciolata di 12 criceti più genitori, loro oltre a tutto il resto sono la mia passione.  Sonja Brambati.

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 Testi, disegni e immagini: Copyright  ©  Paolo Vitali – www.paolo-sonja.net