Paolo Vitali & Sonja Brambati
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Kyrgyzstan
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At-Bash
Esplorazione skialp
nel XXI secolo

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 Articolo pubblicato sull'American Alpine Journal 2018

Aprile 2017: skialp esplorativo nella catena At-Bash in Kyrghyzstan, seconda puntata
Testo di Ruggero Vaia; foto di Giulia Meregalli, Mirco Gusmeroli, Anarbek Millenium, Ruggero Vaia, Emanuele Zuccotti. Organizzazione di Paolo Vitali.

Vedi anche il primo viaggio in Aprile 2016

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Questa seconda spedizione è nata dall'entusiasmo della spedizione 2016, nella quale oltre a salire un paio delle "oltre 60 vette superiori a 4000 metri mai salite" del gruppo dell'At-Bash, come affermato nella rassegna di Vladimir Komissarov, "Mountaineering regions of Kyrgyzstan" (2015), abbiamo anche apprezzato la selvaggia bellezza di questa catena montuosa. Essa è specialmente adatta per l'approccio scialpinistico, ma l'attrattiva dominante risiede nella possibilità di muoversi in un ambiente inesplorato, le vette maggiori mai calcate da piede umano. In queste condizioni si deve sfruttare ogni piccola fonte di informazione ed essere sempre all'erta, concentrati sull'itinerario, sulla possibile meta, sui rischi di incidenti anche banali, che qui avrebbero un prezzo molto elevato.

L'esperienza dell'anno scorso ci ha insegnato che il cuore del massiccio, che custodisce le maggiori vette, è troppo lontano da raggiungere con escursioni di giornata: molto prezioso tempo viene impiegato per il solo trasferimento mattutino con il camion Ural 4320 dal paese di At-Bashi al punto di partenza. Pertanto abbiamo concordato con l'agenzia di appoggio locale che per qualche giorno dimoreremo in un campo di yurte all'interno di una delle valli laterali. Di queste abbiamo scelto la Tuyuk Bogoshti, la valle che sfocia in prossimità del piccolo villaggio di Birinchi May (1 maggio) e il campo, allestito trasportando il materiale con cavalli, dovrà essere localizzato in un'ampia radura a quota 2800 metri.
 
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Il 2 aprile partiamo per il Kirghizistan, purtroppo, per motivi di salute e famigliari, siamo senza i nostri capispedizione, Paolo Vitali e Sonja Brambati, e senza il nostro medico Franco Scotti. Il gruppo di otto si riunisce a Istanbul per proseguire con volo diretto per Bishkek, dove alle 6:00 di mattina veniamo accolti e trasferiti in pulmino fino ad At-Bashi.

Il giorno successivo (martedì 4 aprile, tempo così così) andiamo a sondare le condizioni. L'innevamento è più abbondante dell'anno scorso, ma il manto è pessimo, bagnato, senza crosta, granuloso e incoerente sul terreno: risultato di varie settimane senza interruzioni della copertura nuvolosa. La speranza è che ciò cambi in quota, ma giungiamo su terreno abbastanza dolce fino a 3200 m con identica condizione: frequenti sono i tetri "woom!" di assestamento e su pendenze maggiori il rischio sarebbe forte. La discesa è terribilmente lenta, si sprofonda, si cade. E cade anche il morale, perché così è chiaro che non si potrà verosimilmente fare quasi nulla. L'indomani addirittura piove, per cui decidiamo di rinviare la salita al campo. Per ingannare il tempo andiamo a visitare la scuola locale, dove ci accompagna la nostra padrona di casa Burulsun, che vi lavorava. Questa bella esperienza, in una scuola dalle aule linde e ben organizzate, con tanti scolari e studenti disciplinati e felici, finisce in palestra con una partita a pallavolo.
 
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Giovedì 6 aprile andiamo al campo di yurte: con delusione scopriamo che esso si trova a 2400 m, ben 5 km più a valle del luogo concordato. Izabk, il responsabile dell'allestimento del campo, si giustifica con l'abbondante neve. In seguito, salendo a perlustrare la valle, constatiamo che almeno a 2600 metri sarebbero potuti arrivare tranquillamente. Pazienza! Ormai siamo lì, e comunque le yurte sono comode e riscaldate con stufette a carbone, dotate di lettini, materassini e coperte.
Nella yurta-cucina è ai fornelli Cinara, una cuoca che cucinerà cene prelibate oltre l'immaginazione. La breve gita lungo la valle si conclude nella zona detta Buuma davanti ad un ostacolo, un salto di circa 150 metri che separa la bassa valle dalle ampie zone di alta quota: si tratta di una struttura probabilmente dovuta alla conformazione geologica, tipica di quasi tutte le valli trasverse dell'At-Bash. Purtroppo il "salto", che speravamo di poter superare, si rivela essere una specie di canyon con cascate; bisognerebbe salire molto in alto sulla sinistra orografica e riscendere più a monte nel greto, tuttavia ciò comporta dei rischi che non è il caso di correre. Almeno la giornata è stata serena, il tempo sta per mettersi al bello per alcuni giorni, e anche la neve è molto migliorata.
 
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Venerdì 7 aprile. Siccome ci vuole ancora almeno una notte serena perché il manto si assesti per bene, dirigiamo sulla costolona che ci sovrasta a est, con pendenze dolci e itinerario di cresta, che potenzialmente potrebbe arrivare a circa 4000 metri su uno sperone da cui si vedrebbe la valle laterale della Tuyuk Bogoshti, la seconda possibilità per raggiungere le "zone alte". In realtà la cresta, dopo quota 3450 metri, continua con struttura rocciosa e discontinua: non vale la pena proseguire. La discesa, su neve ottima di fresca polvere in alto e delizioso firn da ultimo, ci conferma che il manto sta evolvendo positivamente. Alle yurte troviamo addirittura una troupe televisiva kirghisa che ci intervista a lungo; sapremo che già un paio di giorni dopo la TV ha trasmesso un servizio di circa 15 minuti!
 
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Alle 7:00 di sabato 8 aprile siamo in marcia, e a quota 2800 ci insinuiamo nella valle laterale detta At-Jailoo ("Pascolo dei cavalli"). Con un po' di fortuna troviamo il sentiero dei pastori, che innalzandosi in destra orografica permette un agevole accesso al primo ripiano, sui 3400 metri di quota. Salendo, la valle descrive una curva a destra e poi sulla sinistra si inerpica il rispettivo "salto". Stavolta si tratta di un facile canale tra rocce: senza togliere gli sci esso ci fa emergere a 3750 metri dove inizia l'enorme conca glaciale del Kok-Moinok, dalla quale è evidente che si può accedere a una decina di vette oltre i 4000 metri. La stanchezza e l'ora avanzata (sono già le 13) ci fanno optare per la più vicina, i cui 4135 m raggiungiamo felicissimi alle 14:00: la chiameremo Choku Bocia, in omaggio al nostro giovane e forte Mirco, che ha tracciato quasi sempre. Dotata la vetta di un ometto di pietre, fotografati il gruppo in vetta e il panorama grandioso, non ci resta che rientrare. Una sciata che sembra infinita, un fondo ottimo per un indimenticabile divertimento, ci vogliono più di tre ore per arrivare al campo, alle 17:30.
 
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Con i 1800 metri di ieri nelle gambe, domenica 9 aprile non ci proponiamo grandi cose: perlustreremo la dorsale in sinistra orografica, dove un'elevazione sui 3400 metri sembra adeguata. Tuttavia c'è un "problema": di lì appare molto agevole continuare sulla cresta fino a una vetta più alta, che ovviamente raggiungiamo, a 3750 metri. Si tratta del Choku Kuumamy, ci ha poi detto il giovane "custode forestale" Taki. Giornata splendida e una discesa da urlo, dal primo metro fino alla porta delle yurte, polvere in alto, polverone di bosco nella valletta Saty Bulak, firn fino in basso.
 
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Lunedì 10 aprile è l'ultimo giorno al campo, in serata ci trasferiamo di nuovo in paese. Quindi stavolta partiamo presto, alle 4:00, e puntiamo di nuovo al Kok-Moinok. Conosciamo bene la via, ma ci muoviamo lentamente sapendo di dover serbare le energie per un lungo itinerario: e infatti dopo oltre sette ore raggiungiamo la vetta del Choku Sonja (4265 m), l'elevazione più alta finora raggiunta nel gruppo dell'At-Bash, dedicata alla nostra amica che avrebbe voluto, come sempre, essere con noi. La vetta, assai angusta, si raggiunge con una breve arrampicata. È un po' complicato scattare le foto di rito, ma una ventina di metri più in basso c'è un ottimo terrazzo roccioso riparato dal vento e soleggiato dove ci rifocilliamo prima di intraprendere il lungo rientro di circa 12 km. Al posto delle yurte non c'è più nulla, ci attendono solo Anarbek e Sasha coon il suo Ural, dove sono già stati caricati i nostri bagagli.
 
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Martedì 11 aprile: il tempo si è nuovamente guastato, ma passiamo la giornata in gloria accettando un sontuoso invito a pranzo da parte di Isabk, con libagioni quasi eccessive.

Il giorno dopo, mercoledì 12 aprile, è quello del trasferimento a Bishkek. Con il pullmino guidato da Dmitri facciamo una deviazione nei pressi di Tokmok, per visitare la Torre di Burana, il minareto di un antico caravanserraglio sulla Via della Seta. La serata si conclude con la cena al caratteristico ristorante Navat, dove abbiamo l'onore di ospitare Vladimir Komissarov, geologo, guida alpina, presidente dell'associazione nazionale delle Guide Alpine e autore della preziosa dettagliatissima rassegna sullo stato dell'alpinismo in tutti i gruppi montuosi del Khirghizistan. Egli ci conferma che i 4000 da noi saliti sono vergini e avranno i nomi che abbiamo scelto. La serata scorre all'insegna dell'amicizia e dei brindisi alle nostre fruttuose esplorazioni.  Ruggero Vaia
 
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Sciatori del gruppo
Daniele Bazzanella, Franz Carrara, Andrea De Finis, Mirco Gusmeroli, Giulia Meregalli, Fedorino Salvadori, Ruggero Vaia, Emanuele Zuccotti.
 
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Gite effettuate
1)  4 aprile 2017 - Q. 3200 m, valle Kichino Kek Djol (tentativo).
2)  6 aprile 2017 - Q. 3200 m, Buuma, valle Tuyuk Bogoshti (tentativo).
3)  7 aprile 2017 - Q. 3450 m, valle Tuyuk Bogoshti, cresta dx orog.
4)  8 aprile 2017 - Q. 4135 m, valle Tuyuk Bogoshti, At-Jailoo - nome proposto Choku Bocia
5)  9 aprile 2017 - Q. 3750 m, Choku Kuumamy, valle Tuyuk Bogoshti, cresta sx orog.
3) 10 aprile 2017 - Q. 4265 m, valle Tuyuk Bogoshti, At-Jailoo - nome proposto Choku Sonja

 
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Il video by Daniele Bazzanella



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