Aprile 2017: skialp esplorativo nella catena
At-Bash in Kyrghyzstan, seconda puntata
Testo di Ruggero
Vaia; foto di Giulia Meregalli,
Mirco Gusmeroli, Anarbek Millenium, Ruggero Vaia,
Emanuele Zuccotti. Organizzazione di Paolo Vitali.
Questa seconda spedizione è nata dall'entusiasmo della spedizione 2016,
nella quale oltre a salire un paio delle "oltre 60 vette superiori a
4000 metri mai salite" del gruppo dell'At-Bash, come affermato nella
rassegna di Vladimir Komissarov, "Mountaineering
regions of Kyrgyzstan" (2015),
abbiamo anche apprezzato la selvaggia bellezza di questa catena
montuosa. Essa è specialmente adatta per l'approccio scialpinistico, ma
l'attrattiva dominante risiede nella possibilità di muoversi in un
ambiente inesplorato, le vette maggiori mai calcate da piede umano. In
queste condizioni si deve sfruttare ogni piccola fonte di informazione
ed essere sempre all'erta, concentrati sull'itinerario, sulla possibile
meta, sui rischi di incidenti anche banali, che qui avrebbero un prezzo
molto elevato.
L'esperienza
dell'anno scorso
ci ha insegnato che il cuore del massiccio, che custodisce le maggiori
vette, è troppo lontano da raggiungere con escursioni di giornata:
molto prezioso tempo viene impiegato per il solo trasferimento
mattutino con il camion Ural 4320 dal paese di At-Bashi al punto di
partenza. Pertanto abbiamo concordato con l'agenzia di appoggio locale
che per qualche giorno dimoreremo in un campo di yurte all'interno di
una delle valli laterali. Di queste abbiamo scelto la Tuyuk Bogoshti,
la valle che sfocia in prossimità del piccolo villaggio di Birinchi May
(1 maggio) e il campo, allestito trasportando il materiale con cavalli,
dovrà essere localizzato in un'ampia radura a quota 2800 metri.
Il 2 aprile partiamo per il Kirghizistan, purtroppo, per motivi di
salute e famigliari, siamo senza i nostri capispedizione, Paolo Vitali
e Sonja Brambati, e senza il nostro medico Franco Scotti. Il gruppo di
otto si riunisce a Istanbul per proseguire con volo diretto per
Bishkek, dove alle 6:00 di mattina veniamo accolti e trasferiti in
pulmino fino ad At-Bashi.
Il giorno successivo (martedì 4 aprile, tempo così così) andiamo a
sondare le condizioni. L'innevamento è più abbondante dell'anno scorso,
ma il manto è pessimo, bagnato, senza crosta, granuloso e incoerente
sul terreno: risultato di varie settimane senza interruzioni della
copertura nuvolosa. La speranza è che ciò cambi in quota, ma giungiamo
su terreno abbastanza dolce fino a 3200 m con identica condizione:
frequenti sono i tetri "woom!" di assestamento e su pendenze maggiori
il rischio sarebbe forte. La discesa è terribilmente lenta, si
sprofonda, si cade. E cade anche il morale, perché così è chiaro che
non si potrà verosimilmente fare quasi nulla. L'indomani addirittura
piove, per cui decidiamo di rinviare la salita al campo. Per ingannare
il tempo andiamo a visitare la scuola locale, dove ci accompagna la
nostra padrona di casa Burulsun, che vi lavorava. Questa bella
esperienza, in una scuola dalle aule linde e ben organizzate, con tanti
scolari e studenti disciplinati e felici, finisce in palestra con una
partita a pallavolo.
Giovedì 6 aprile andiamo al campo di yurte: con delusione scopriamo che
esso si trova a 2400 m, ben 5 km più a valle del luogo concordato.
Izabk, il responsabile dell'allestimento del campo, si giustifica con
l'abbondante neve. In seguito, salendo a perlustrare la valle,
constatiamo che almeno a 2600 metri sarebbero potuti arrivare
tranquillamente. Pazienza! Ormai siamo lì, e comunque le yurte sono
comode e riscaldate con stufette a carbone, dotate di lettini,
materassini e coperte.
Nella yurta-cucina è ai fornelli Cinara, una cuoca che cucinerà cene
prelibate oltre l'immaginazione. La breve gita lungo la valle si
conclude nella zona detta Buuma davanti ad un ostacolo, un salto di
circa 150 metri che separa la bassa valle dalle ampie zone di alta
quota: si tratta di una struttura probabilmente dovuta alla
conformazione geologica, tipica di quasi tutte le valli trasverse
dell'At-Bash. Purtroppo il "salto", che speravamo di poter superare, si
rivela essere una specie di canyon con cascate; bisognerebbe salire
molto in alto sulla sinistra orografica e riscendere più a monte nel
greto, tuttavia ciò comporta dei rischi che non è il caso di correre.
Almeno la giornata è stata serena, il tempo sta per mettersi al bello
per alcuni giorni, e anche la neve è molto migliorata.
Venerdì 7 aprile. Siccome ci vuole ancora almeno una notte serena
perché il manto si assesti per bene, dirigiamo sulla costolona che ci
sovrasta a est, con pendenze dolci e itinerario di cresta, che
potenzialmente potrebbe arrivare a circa 4000 metri su uno sperone da
cui si vedrebbe la valle laterale della Tuyuk Bogoshti, la seconda
possibilità per raggiungere le "zone alte". In realtà la cresta, dopo
quota 3450 metri, continua con struttura rocciosa e discontinua: non
vale la pena proseguire. La discesa, su neve ottima di fresca polvere
in alto e delizioso firn da ultimo, ci conferma che il manto sta
evolvendo positivamente. Alle yurte troviamo addirittura una troupe
televisiva kirghisa che ci intervista a lungo; sapremo che già un paio
di giorni dopo la TV ha trasmesso un servizio di circa 15 minuti!
Alle 7:00 di sabato 8 aprile siamo in marcia, e a quota 2800 ci
insinuiamo nella valle laterale detta At-Jailoo ("Pascolo dei
cavalli"). Con un po' di fortuna troviamo il sentiero dei pastori, che
innalzandosi in destra orografica permette un agevole accesso al primo
ripiano, sui 3400 metri di quota. Salendo, la valle descrive una curva
a destra e poi sulla sinistra si inerpica il rispettivo "salto".
Stavolta si tratta di un facile canale tra rocce: senza togliere gli
sci esso ci fa emergere a 3750 metri dove inizia l'enorme conca
glaciale del Kok-Moinok, dalla quale è evidente che si può accedere a
una decina di vette oltre i 4000 metri. La stanchezza e l'ora avanzata
(sono già le 13) ci fanno optare per la più vicina, i cui 4135 m
raggiungiamo felicissimi alle 14:00: la chiameremo Choku Bocia, in
omaggio al nostro giovane e forte Mirco, che ha tracciato quasi sempre.
Dotata la vetta di un ometto di pietre, fotografati il gruppo in vetta
e il panorama grandioso, non ci resta che rientrare. Una sciata che
sembra infinita, un fondo ottimo per un indimenticabile divertimento,
ci vogliono più di tre ore per arrivare al campo, alle 17:30.
Con i 1800 metri di ieri nelle gambe, domenica 9 aprile non ci
proponiamo grandi cose: perlustreremo la dorsale in sinistra
orografica, dove un'elevazione sui 3400 metri sembra adeguata. Tuttavia
c'è un "problema": di lì appare molto agevole continuare sulla cresta
fino a una vetta più alta, che ovviamente raggiungiamo, a 3750 metri.
Si tratta del Choku Kuumamy, ci ha poi detto il giovane "custode
forestale" Taki. Giornata splendida e una discesa da urlo, dal primo
metro fino alla porta delle yurte, polvere in alto, polverone di bosco
nella valletta Saty Bulak, firn fino in basso.
Lunedì 10 aprile è l'ultimo giorno al campo, in serata ci trasferiamo
di nuovo in paese. Quindi stavolta partiamo presto, alle 4:00, e
puntiamo di nuovo al Kok-Moinok. Conosciamo bene la via, ma ci muoviamo
lentamente sapendo di dover serbare le energie per un lungo itinerario:
e infatti dopo oltre sette ore raggiungiamo la vetta del Choku Sonja
(4265 m), l'elevazione più alta finora raggiunta nel gruppo
dell'At-Bash, dedicata alla nostra amica che avrebbe voluto, come
sempre, essere con noi. La vetta, assai angusta, si raggiunge con una
breve arrampicata. È un po' complicato scattare le foto di rito, ma una
ventina di metri più in basso c'è un ottimo terrazzo roccioso riparato
dal vento e soleggiato dove ci rifocilliamo prima di intraprendere il
lungo rientro di circa 12 km. Al posto delle yurte non c'è più nulla,
ci attendono solo Anarbek e Sasha coon il suo Ural, dove sono già stati
caricati i nostri bagagli.
Martedì 11 aprile: il tempo si è nuovamente guastato, ma passiamo la
giornata in gloria accettando un sontuoso invito a pranzo da parte di
Isabk, con libagioni quasi eccessive.
Il giorno dopo, mercoledì 12 aprile, è quello del trasferimento a
Bishkek. Con il pullmino guidato da Dmitri facciamo una deviazione nei
pressi di Tokmok, per visitare la Torre di Burana, il minareto di un
antico caravanserraglio sulla Via della Seta. La serata si conclude con
la cena al caratteristico ristorante Navat, dove abbiamo l'onore di
ospitare Vladimir Komissarov, geologo, guida alpina, presidente
dell'associazione nazionale delle Guide Alpine e autore della preziosa
dettagliatissima rassegna sullo stato dell'alpinismo in tutti i gruppi
montuosi del Khirghizistan. Egli ci conferma che i 4000 da noi saliti
sono vergini e avranno i nomi che abbiamo scelto. La serata scorre
all'insegna dell'amicizia e dei brindisi alle nostre fruttuose
esplorazioni. Ruggero Vaia
Sciatori del gruppo
Daniele Bazzanella, Franz Carrara, Andrea De Finis, Mirco Gusmeroli,
Giulia Meregalli, Fedorino Salvadori, Ruggero Vaia, Emanuele Zuccotti.
Gite effettuate
1) 4 aprile 2017 - Q. 3200 m, valle Kichino Kek Djol (tentativo).
2) 6 aprile 2017 - Q. 3200 m, Buuma, valle Tuyuk Bogoshti
(tentativo).
3) 7 aprile 2017 - Q. 3450 m, valle Tuyuk Bogoshti, cresta dx
orog.
4) 8 aprile 2017 - Q. 4135 m, valle Tuyuk Bogoshti, At-Jailoo -
nome proposto Choku Bocia
5) 9 aprile 2017 - Q. 3750 m, Choku Kuumamy, valle Tuyuk
Bogoshti, cresta sx orog.
3) 10 aprile 2017 - Q. 4265 m, valle Tuyuk Bogoshti, At-Jailoo - nome
proposto Choku Sonja