La via del tarci
- Giuseppe Miotti - Edizioni Guide dalle Guide - Dicembre 1999 Amici Rivali
Non siamo
mai stati fisicamente legati alla stessa corda, eppure era
come
se fossimo vecchi compagni di cordata, con una grande stima reciproca,
amici ed allo stesso tempo rivali. Rivali perchè eravamo attivi
negli stessi anni, negli stessi luoghi, e con la stessa passione di
ricercare
vie nuove sulle grandi pareti, in particolare nel gruppo del
Masino-Bregaglia,
ed ancor prima sulle assolate placche del Val di Mello. E proprio
in Val di Mello era nata la nostra strana amicizia-rivalità,
a colpi di nuove vie sulle lisce placche sempre un po' più verticali,
alla ricerca di qualche concrezione affiorante, e sempre con un dubbio
prima della partenza "chissà se Tarci ha già notato quella
linea ..... dobbiamo andare prima che la veda!!". Ricordo
nitidamente una piacevole serata nella baita che Sonja ed io
affitavamo con altri amici in Val di Mello; pioveva, ed ognuno aveva
dovuto
rinunciare ai propri progetti. Tarci e Sabina dovevano mettere la tenda
e così li avevamo invitati nella nostra "lussuosa" dimora, una stanza
di una piccola baita una volta adibita ad affumicare i formaggi. Tarci
era arrivato con i resti di una torta, tutto infagato; era caduto sul
sentiero
con il dolce in mano, e le risate che ne scaturirono furono da
introduzione
alla simpatica serata, in cui però sia io che lui ci guardammo bene
dall'accennare qualsiasi minimo dettaglio sui nostri nuovi progetti,
ben
consci della "ricettività" altrui .... Credo che
la nostra rivalità si potesse definire positiva, perchè
non era tale da incrinare un rapporto di amicizia ma era piuttosto da
stimolo
ad ognuno, e le vie di quegli anni ne sono testimoni. Molto
spesso è capitato che i nostri progetti si sfiorassero
sulle stesse pareti, fin quando una volta coincisero esattamente:
stessa
parete inviolata, stessa linea, stesso giorno! Avevamo
saputo uno dell'intenzione dell'altro tramite un amico comune,
"radio climber", ed era bastata una telefonata per sistemare
amichevolmente
la cosa, anzi eravamo contenti di poter finalmente fare qualcosa di
nuovo
insieme; io curioso di vederlo all'opera con le mani incastrate in
qualche
fessura e lui, da quanto mi disse, altrettanto curioso di vedermi
all'opera
con i piedi spalmati in aderenza. Fù così
che ci trovammo con puntualità svizzera
al parcheggio del Gatto Rosso la mattina stabilita, Tarci era con
Norberto,
io e Sonja con Adriano, in arte Franz, nostro compagno di cordata in
tante
vie nuove; avremmo dovuto spartirci i tiri da capocordata, ma la via
avrebbe
potuto guadagnarci in difficoltà: le placche erano destinate a me,
i muri verticali a Franz e le fessure a Tarci e Norbi; e forse avremmo
anche potuto terminarla più velocemente. Salimmo insieme il lungo
e complicato sentiero che porta fino allo Specchio di Archimede, in Val
Livincina, e quindi i brevi tiri di zoccolo che portano alla base della
parete vera e propria. Qui purtroppo dovemmo constatare l'eccessiva
compattezza
della parete centrale. Ci fu un breve consulto per decidere il da
farsi:
Tarci e Norbi non disdegnavano una linea di fessure a lato della parete
centrale, che a noi non interessava molto. Così i nostri progetti
si separarono nuovamente: loro attaccarono le fessure, noi tre una
linea
di placche ancora più a destra della parete centrale; le due sere
successive bivaccammo insieme alla base della parete scambiandoci le
impressioni
delle rispettive vie. Per la cronaca, Sonja, Franz ed io terminammo la
via in due giorni e la battezzammo "Samarcanda"; Tarci e Norbi
incapparono
invece nella parte alta in sezioni molto compatte, tornarono la
settimana
successiva, ma la loro via rimase incompiuta, fino all'estate del '97,
quando venne terminata da cinque amici della "Tribù", grazie anche
all'ausilio del trapano all'ora non utilizzato, e nacque "Ad un passo
dalla
luna". La nostra
crescita alpinistica progrediva parallelamente, e negli
stessi
anni le nostre mire si spostarono dalla Val di Mello alle pareti del
Pizzo
Badile, dove ancora una volta ci trovammo attivi contemporaneamente, ma
sempre su linee diverse; noi attirati dalle assolate placche della
nord-est,
Tarci & soci sulle fessure della "Diretta del popolo" e sul
pilastro
a goccia per la difficile "Jumar Iscariota". Come
sempre, quando incontravamo la banda di premanesi al Sasc Fourà
era uno spasso per tutti: simpatici ed allegri, sempre pronti alla
battuta,
erano capaci di movimentare qualsiasi serata. Fra tutte le compagnie
che
mi è capitato di frequentare in montagna ed in falesia, la loro
è sempre stata per me una delle piu' piacevoli; tutti ragazzi molto
forti e motivati, e Tarci era sicuramente per tutti il punto di
riferimento,
l'elemento carismatico con le idee innovative, capace di trascinarli
con
il suo entusiasmo in avventure degne della Storia
dell'Alpinismo. Il 1988 fu
per noi l'anno della scoperta del Qualido, dopo tante salite
in Val di Mello eravamo finalmente in grado di vedere le enormi
potenzialità
che la sua parete est offriva. Incredibilmente solcata da due sole vie
della mitica cordata Boscacci-Masa-Merizzi, con il livello di
difficoltà
pura accresciuto grazie alla pratica nelle falesie e con la tecnica
evoluta
di spittatura dal basso, poteva diventare il nuovo Eldorado
dell'arrampicata
moderna, e proprio a casa nostra, senza lunghe e costose trasferte.
Un'occasione
più che ghiotta, da non lasciarsi sfuggire, e naturalmente non ero
il solo ad averla intuita! Non ci incontrammo nelle ricognizioni
autunali
per studiare la parete e prendere qualche foto, ma ero sicuro che anche
Tarci l'aveva addocchiata; lo sentivo! C'era
ancora la neve in Val Qualido nel Marzo '89 quando con Sonja
e Gianni Rusconi cominciai "Transqualidiana", una sequenza futuristica
di placche levigate, che ci impegnò per diversi week-end, ma la
voglia era incontenibile ed il "solito dubbio" aleggiava. In un fine
settimana di pausa dei "lavori" imposto dal maltempo,
neanche
a farlo apposta, ci incrociammo ad arrampicare nella stessa falesia del
finalese, Sonja, Gianni ed io con Tarci e Sabina! A "cantieri aperti" i
progetti si possono rivelare, e così scoprimmo che mentre noi ci
grattavamo le unghie sulle placche di Transqualidiana loro avevano
cominciato
a pelarsi le mani nella fessura della "Foglia", da cui nascerà la
già storica "Spada nella roccia"! Stranamente non ci eravamo ancora
incrociati, ma era come se ne avvertissimo la presenza! Una dote
che ho sempre ammirato in Tarci era l'ecletticità,
era forte su qualsiasi terreno: dall'arrampicata sportiva alle vie di
ampio
respiro al ghiaccio estremo. Così quando ti mettevi su una sua via
sapevi che dovevi essere al massimo, perchè un minimo dettaglio
avrebbe potuto compromettere la salita. Ricordo le maledizioni che gli
tirai quando, con le mani infreddolite da un vento gelido che da nord
portava
qualche fiocco di neve, giunsi sul passaggio chiave di "Delta Minox",
uno
dei suoi "pezzi" migliori, e mi accorsi che appena prima un
bell'appoggio
avrebbe permesso di piazzare comodamente uno spit, ma lui aveva tirato
diritto lasciando il passaggio sprotetto ed alquanto pericoloso; in
quelle
condizioni dovetti scendere, mentre quello spit non messo mi avrebbe
permesso
di continuare rischiando meno. Ripensandoci poi convenetti che era
giusto
così: bisognava saper accettare quello che l'apritore aveva fatto,
e casomai ritornare in altra occasione, con la meteo buona e con più
"birra" nelle braccia! E poi d'altronde era esattamente lo stesso stile
che anche noi avevamo adottato sulle nostre vie, lo spit veniva usato
solo
ed esclusivamente quando proprio non se ne poteva più fare a meno,
e sicuramente anche noi ci siamo presi la nostra dose di imprecazioni
dai
ripetitori delle nostre vie! Ancora a
proposito di "Delta Minox", ricordo quella volta che Sonja
ed io entrammo al Bar Monica, solito ritrovo degli scalatori in Valle,
bagnati fradici, di ritorno da un tentativo-perlustrazione a partire
dalla
costiera del Monte Scione in giù, e Tarci lì con gli occhi
sgranati a domandarci dove eravamo stati! Capiì poi la sua curiosità:
aveva appena portato il materiale alla base dello Scingino, imboccato
questa
volta dall'occhio clinico di Popi Miotti era andato diritto alla base
del
più bel pilastro! Ancora una volta le nostre cordate si erano sfiorate,
ed evidentemente anche lui aveva sempre il mio stesso "dubbio" prima di
partire! Nell' arco
di qualche anno lo stile di apertura cambiò, pian
piano si ricercava sempre più la difficoltà tecnica, possibilmente
obbligata, proteggendo meglio le vie per evitare voli "catastrofici", e
per questo l'introduzione dell' uso del trapano fu fondamentale.
L'ultima
nitida immagine che ho di Tarci lo ritrae sgalluzzante per i sentieri
della
Valle con il trapano in spalla, ed io allibito ad ascoltare le sue
teorie,
ma ancora troppo farcito dell'etica retorica classica per capirlo!
Naturalmente
aveva ragione lui, ed era in anticipo, e così fu sua la prima via
del genere in Masino: "Elettroschock" al Picco Luigi Amedeo, una via
che
ripetei con grande soddisfazione ed ammirazione! A distanza
di qualche anno anche sulle nostre spalle comparve il
discusso
utensile, ma lui non c'era più ad alimentare quella sana competizione!
Ciao Tarci. Paolo Vitali.